lunedì 9 gennaio 2017

Recensione "Fantasmagonia" di Michele Mari: quando il vero demone è la Letteratura

Buon pomeriggio a tutti, cari Readers! Come state? Questo pomeriggio sono tornata con una recensione, dato che durante il mio periodo di malattia ho avuto la possibilità di leggere moltissimo e portarmi avanti con le letture! Mi è capitata anche la straordinaria ed inattesa fortuna di ritrovarmi tra le mani un libro pressochè unico, e forse meno conosciuto rispetto ad altri, sul quale avevo basse aspettative. Mi è bastata la prima pagina per capire di star leggendo un capolavoro del genere. Sto parlando di Fantasmagonia di Michele Mari,  e ve ne parlerò per tuuutto questo post. Se volete saperne di più su questo magico libro, ecco a voi una delle mie recensioni più sentite.


 

C'è un demone che si aggira fra queste pagine, ed è quello della letteratura. Che sia esso esplicitamente riconoscibile o si nasconda fra le pieghe del quotidiano, è una presenza fantasmatica con cui ciascun personaggio - e dunque ciascuno di noi, nel corpo a corpo incessante che è la lettura - è costretto a fare i conti. Visioni, trasalimenti o semplici incubi: l'incerto confine tra invenzione e realtà, così come quello tra sonno e veglia, viene costantemente ridisegnato dai racconti che compongono Fantasmagonia, tutti in bilico tra il gioco e la divagazione colta, la fiaba macabra e il pastiche. Così accade di ragionare intorno a Il cielo in una stanza e poi di imbattersi in Omero e Borges, ciechi e in carrozzella, che commentano la finale dei mondiali Grecia-Argentina. Oppure di scoprire perché mai Crapa Pelada, dopo aver cucinato i famosi tortelli, non ne abbia dato nemmeno uno ai suoi fratelli... Michele Mari torna al racconto, e lo fa chiamando a raccolta tutte le ossessioni che hanno segnato il suo percorso di scrittura: l'infanzia, i mostri, le nevrosi numerologiche e la tassonomia di ogni singolo ricordo. Ma sopra di esse, intorno ad esse, aleggia stavolta una nube spettrale che fa precipitare il lettore - e l'autore stesso - in una dimensione dove le ombre sono destinate ad avere la meglio sui corpi che le proiettano. Ma anche questo cammino richiede un apprendistato, come dice il titolo dell'ultimo racconto: una fantasmagonia. Il candidato fantasma può imparare in diciannove tappe l'arte di «convertire l'annullamento del mondo nell'annullamento di sé, come insegna l'unica scienza esatta in materia: la letteratura». Setacciando con furia catalogatrice le latitudini spaziali e temporali più disparate, Michele Mari dà forma a un progetto in cui il destino di ogni creatura coincide con quello del suo creatore. Fino a scoprire che - mettendo insieme Cecco Angiolieri e il Piccolo Principe, Frankenstein e Kafka, Rimbaud e Pinocchio - nessun essere umano potrà mai sfuggire ai propri fantasmi, perché sin dalla nascita li contiene già tutti quanti dentro di sé.

«Per fare un fantasma occorrono una vita, un male, un luogo. Il luogo e il male devono segnare la vita, fino a renderla inimmaginabile senza di essi. Il luogo dev'essere circoscritto, con confini precisi; piú che un luogo, una porzione chiusa di luogo: preferibilmente una casa».

RECENSIONE 

L'agonia è un'angosciosa inquietudine protratta nel tempo. I fantasmi sono...be', sono fantasmi. Sono entità folcloristiche. Michele Mari unisce queste due parole e dà origine alla Fantasmagonia. Il significato sta a voi comprenderlo. Io posso darvi qualche indizio...
Tra Lewis Carroll che conosce la piccola Alice Liddel, un personaggio di sua invenzione, Emilio Salgari che scrive di avventure emozionanti grazie al mescolarsi del sangue di Kraken e Sulgoryan, Mary Arden che narra terribili ed immorali cronache di famiglia al giovane William, -e come i dubbi sul superamento di una pozzanghera siano incredibilmente connessi al riflesso del gol col quale la Juventus vinse lo scudetto del 1973-, l'autore ci racconta tante e diverse storie a metà tra il terrificante e l'ammaliante, il falso ed il vero, la realtà e la fantasia, la letteratura ed i suoi fantasmi.
Non è facile scrivere questa recensione, forse perché ogni singolo racconto dei 34 di questo romanzo andrebbe letto attentamente ed analizzato. Ma servirebbero ore e ore di lavoro...quindi eccomi qui, a valutare il tutto e tirare le somme.
Il male dev’essere intollerabile, porti o non porti al suicidio; dove l’intollerabilità, si badi, dev’essere destinata a non scemare per scorrere di tempo, ma, al contrario, a vieppiù incrudelire: e prima, e dopo il decesso.
Il male, il mostro, il demone. La raccolta di racconti di Mari si apre con l'incontro con un mostro, quello più crudele. E dopo, tutto si snocciola in tante storie, al limite della follia, di genere horror e fantasy, nelle quali l'autore si diverte a cambiare le regole, cambiare i fatti e renderli più avvincenti con gli elementi che ci aggiunge. Una cosa è certa: il Vero demone, qui, è letteratura. Ma non solo. Anche la creatura ed il creatore, ed il riferimento a Frankenstein di Mary Shelley è assolutamente non casuale, lo scrittore ed il lettore che lo custodiscono dentro di sé, e ogni singola persona che non sa ma ha un fantasma - o più di uno- destinato a manifestarsi.
 Tu la vedi, questa cosa, e ridi: ma è un pianto; e dici: se la letteratura genera questo, è questo, la letteratura. Ed è la vendetta del mondo, perché la letteratura che non si difenda dal mondo cos'è, se non mondo? E il mondo è qui polimero fuso: ma fuso a forma di letteratura, così, volessimo uscire, sappiamo che non si può, nemmeno ogni tanto.
Tutto il ferro della Torre Eiffel
C'è ossessione, nella letteratura. Gli scrittori scrivono perché ossessionati. Da chi? Forse dai propri fantasmi, non si sa. Quello che è certo, secondo Mari, è che non c'è nulla di salvifico nella scrittura. Anzi, è una passione così grande ed incontrollabile che non può che divorare e annientare. Riguardo agli scrittori, Michele stesso dice "è proprio scrivendo che essi finiscono per consegnarsi inermi agli artigli dei demoni che li signoreggiano, finché, posseduti, essi diventano quegli stessi demoni."
Fantasmagonia parla di letteratura, e di come essa sia agognata e quasi, o del tutto, demoniaca. Michele Mari, con il suo stile davvero evocativo, dà perfettamente il quadro di ciò che vuole dire e trasmettere. In realtà, si percepisce quanto senta la prosa, come se scrivesse prima per se stesso, per estorcere i suoi, di demoni, e poi per gli altri. E forse è proprio così.
 Per me è un 10/10
E voi, l'avete letto?  Cosa ne pensate?
Un saluto e alla prossima recensione!






 

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